LA CONVIVENZA IN FAMIGLIA
E A SCUOLA


La sofferenza mentale è molto diffusa. Più spesso di quanto pensiamo, qualcuno ci chiede aiuto, consiglio o solo ascolto. Lo fa come può, come la sofferenza gli permette di fare, a volte in modo oscuro. Ce ne sappiamo accorgere? Lo riusciamo a capire? E, se necessario, sappiamo dare un consiglio adatto?

Familiari, amici, compagni di scuola, insegnanti possono essere di grande aiuto col comportamento adatto, informato, consapevole. Senza malintesi di pudore, di solidarietà fra pari, di non ingerenza.

Vi sono poi piccole regole di buon vicinato, utili sempre ma soprattutto verso chi soffre. Per esempio le persone vicine peggiorano certo la situazione se criticano in continuazione, brontolano e si lamentano per le cose che il sofferente fa, per come o quando le fa, o peggio per “come è”.

Similmente sono da evitare atteggiamenti eccessivamente protettivi e dereponsabilizzanti. Altre volte i familiari sono così apprensivi che non lasciano che la persona possa avere momenti di intimità e per troppa preoccupazione la controllano di continuo, seguendone ogni piccolo movimento, anche in casa. Oppure i familiari si sacrificano in modo eccessivo rinunciando a ogni spazio personale, o si colpevolizzano pensando di essere “loro” i responsabili della malattia per cose fatte o non fatte, anni e anni prima.


Conta moltissimo un clima disteso, un atteggiamento di sostegno sereno e fiducioso, di comprensione per la situazione dolorosa e difficile che la persona sofferente si trova ad affrontare. In sintesi occorre comunicare la sensazione di essere accettati per “come si è”.






Anche a scuola, come a casa, è importante il clima psicologico. Questo, come sappiamo, è dato dalla qualità delle relazioni fra le persone e risulta, a volte, determinante sia per l’apprendimento sia per il successo nel superamento dei compiti di sviluppo. Un clima caratterizzato da: accoglienza, collaborazione, aiuto reciproco, gusto della ricerca e della scoperta consente a tutti, e quindi anche a coloro che si trovano in una situazione di sofferenza, di coltivare la speranza.

Le esperienze fatte da migliaia di studenti e docenti grazie alle opportunità offerte dal Progetto Giovani 2000, e dagli altri progetti ministeriali di prevenzione educativa e di promozione della salute, dimostrano che a scuola è possibile costruire il Benessere. In una scuola dove “si sta bene” viene, infatti, riconosciuta la legittima alterità dei soggetti, alla paura subentra l’accoglienza, alla emarginazione la solidarietà. Si tratta di una scuola “ambiente sociale” dove l’educazione e l’istruzione non sono “impartite” ma sono fatti permanenti di vita vissuta. E’ una scuola in cui si impara a comunicare e a conoscere, ad operare e storicizzare perchè i soggetti vivono situazioni in cui si comunica, si conosce, si opera e si storicizza. La logica che ispira la convivenza e consente di costruire il significato delle esperienze vissute non può che basarsi sull’interdipendenza e la solidarietà, sull’accettazione dell’altro e non sulla sua negazione.

La scuola si sta attrezzando per percorrere con decisione l’itinerario che porta dal pregiudizio all’ascolto e, da questo, alla comunicazione e alla convivenza. I progetti ministeriali di Educazione alla Salute hanno consentito di sperimentare l’accoglienza, l’ascolto psicologico e scolastico attivati all’interno dei Centri di Informazione e Consulenza nelle scuole superiori. Da tali esperienze emerge, tra l’altro, la importanza determinante del “Gruppo” inteso nel senso più ampio possibile. La promozione della salute e della qualità della vita ha insegnato alle diverse componenti scolastiche le strategie per rinforzare i cosiddetti “fattori protettivi”. Autostima e autocontrollo, aspettative e prospettive ottimistiche, capacità di interazione sociale trovano nel gruppo il terreno adatto al loro sviluppo.

L’attenzione al disagio mentale è un impegno irrinunciabile se si vuole dare realizzazione al diritto di ciascuno alla propria integrità fisica e psichica.Tale diritto, per acquistare concretezza, ha bisogno di contesti ambientali culturalmente positivi, basati su relazioni umanamente ricche che riconoscano dignità ai differenti universi emotivi e che pongano al centro dell’attenzione la persona nella sua globalità ossia nelle sue componenti di relazionalità, libertà, creatività, responsabilità.

L’attenzione al disagio mentale si costruisce a scuola oltre che con l’acquisizione di una mentalità attenta ed aperta perchè bene informata, anche attraverso i comportamenti, gli atteggiamenti e l’acquisizione di competenze che migliorino i modi di porsi nei confronti di coloro che presentano segni di disagio.

Da qui deriva l’insieme dei messaggi che vengono recepiti dai destinatari come rifiuto o come accettazione della loro peculiare e sofferente modalità esistenziale.