Audizione Commissione Affari Sociali del 10 giugno 2010

Roma 10 giugno 2010

AUDIZIONE COMMISSIONE AFFARI SOCIALI DELLA CAMERA

Gisella Trincas Presidente Nazionale U.N.A.SA.M

Ringraziamo il Presidente Palumbo e la Commissione per aver accolto la nostra richiesta ad essere auditi.

Insieme al vice Presidente Dott.Girolamo Digilio vogliamo portare alla vostra attenzione il punto di vista dell’UNASAM, e delle 160 Associazioni di familiari che rappresentiamo, in ordine alle proposte di legge di modifica della 833/78 e della 180/78.

Noi riteniamo che queste siano delle buone leggi e che i problemi che ci troviamo ad affrontare, in relazione alla qualità e quantità degli interventi in salute mentale, dipendono esclusivamente dalla capacità di programmare e attuare gli interventi da parte delle Regioni e delle Aziende Sanitarie Locali.

Le nostre Associazioni, e noi familiari, ci siamo sempre battuti affinché, nei trent’anni di vita delle due leggi di riforma, ne venissero rispettati i principi e attuati gli indirizzi, contribuendo in maniera significativa alla definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici e allo sviluppo dei servizi territoriali di salute mentale.

Quindi noi non chiediamo, ne vogliamo, alcuna modifica sulla legislazione esistente ma la piena attuazione dei 2 Progetti Obiettivo Nazionali e delle Linee Guida approvate dalla Conferenza delle Regioni nel 2008. Provvedimenti in linea con le indicazioni Europee in tema di politiche per la salute mentale.

Noi non possiamo accettare che, attraverso queste proposte di legge, la psichiatria possa venire riportata ad una dimensione custodialistica, repressiva e coercitiva, perché abbiamo sperimentato, sulla pelle dei nostri cari e sulla nostra vita, cosa hanno significato quei luoghi e quelle pratiche. Noi non possiamo accettare che si ritorni ad uno statuto speciale riservato ai cittadini colpiti dalla sofferenza mentale, né alla reintroduzione del concetto di pericolosità sociale. Perché è dimostrato dai fatti e dalle statistiche che le persone con sofferenza mentale sono meno “pericolose” dei cosidetti sani di mente.

Abbiamo letto con estrema attenzione tutte le proposte all’esame di questa Commissione e non condividiamo né l’impostazione ideologica né i contenuti di merito.

Ci sono dei problemi, certo, nella gestione dei servizi di salute mentale. Questi problemi si chiamano norme regionali di programmazione assenti o non attuate, risorse finanziarie insufficienti, processi di trasformazione culturale non completati, integrazione socio-sanitaria non compiuta, formazione degli operatori insufficiente, piante organiche inadeguate. Nessuna di queste questioni è contenuta nelle proposte di legge all’esame di questa Commissione.

L’altro problema che vogliamo portare alla vostra attenzione, riguarda le pratiche coercitive

sempre più utilizzate dalla stragrande maggioranza dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura, esplicitamente lesive della dignità e della libertà delle persone, in aperta violazione dell’articolo 1 della Legge di Riforma Sanitaria, della nostra Costituzione e della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo.

Noi guardiamo con interesse alle buone pratiche che in tante parti del territorio nazionale, nonostante la scarsità delle risorse finanziarie, esistono e resistono.

Ai Servizi di diagnosi e cura con le porte aperte dove non si legano le persone e si fa un uso corretto dei farmaci;

Ai centri di salute mentale funzionanti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7;

Ai percorsi di presa in cura personalizzati, basati sulla fiducia e sulla partecipazione attiva delle persone e delle famiglie, orientati verso l’integrazione sociale e la ripresa

Alle esperienze di abitare assistito;

Alle piccole comunità a dimensione familiare;

Alla cooperazione sociale, sostenuta dai DSM e dalle Regioni, che offre opportunità di lavoro e quindi speranza di farcela;

A quelle buone pratiche che non abbandonano le famiglie, che prevengono situazioni di abbandono da parte dei loro pazienti più gravi, che considerano le persone e i loro familiari una risorsa fondamentale per il servizio e per la comunità.

Noi possiamo raccontare tante storie di persone (nostri familiari ma non solo) che ce l’hanno fatta perché gli approcci erano corretti, perché le risorse in campo erano molteplici, perché si è lavorato sul consenso e non sull’imposizione e il controllo.

Noi possiamo raccontare tante storie di persone che non volevano essere aiutate per paura, per sfiducia, perché duramente provate dalla condizione di sofferenza; non certo perché “non hanno coscienza di malattia”. Ci sono tante persone che partecipano al loro percorso di cura pur non accettando di essere definiti “malato di mente”. E le persone sanno bene cosa può aiutarle a stare meglio, e cosa no, ed è a quei bisogni che si deve rispondere ricercando in ogni modo il consenso senza mai abbandonare, né mortificare.

Certo ci sono operatori che non lavorano bene e familiari che non sono disposti a mettersi in gioco. Ma la stragrande maggioranza degli operatori e dei familiari vogliono fare tutto quanto è possibile perché le persone che vivono la condizione di disturbo mentale possano avere una normalità di vita.

Noi non siamo vittime delle Leggi di Riforma, noi siamo vittime dell’immobilismo istituzionale, delle scelte politiche sbagliate e delle proposte che ogni volta tentano di rimettere in discussione conquiste di civiltà fondamentali. Siamo vittime dei tagli e della scarsità di risorse.

Con senso di responsabilità noi chiediamo che si riprenda da dove il processo si è interrotto. Dalle Linee Guida Ministeriali, approvate dalla Conferenza delle Regioni, che dovevano dar vita alla seconda Conferenza Governativa sulla salute mentale. Per fare il punto con tutte le Regioni, come sostenuto dal Ministro Fazio, del livello di funzionamento dei servizi di salute mentale, delle criticità da superare, nel rispetto dei diritti di cittadinanza delle persone con disturbo mentale e di noi familiari. Per tutelare la salute mentale di tutti i cittadini!

C’è ancora tanto da fare per rafforzare i servizi pubblici di salute mentale e andare con determinazione verso una migliore qualità dei servizi per una migliore qualità della vita delle persone.

Per superare le criticità pensiamo si debba riportare la questione al nodo vero. Rimettere al centro la persona umana, la sua dignità e i suoi bisogni, favorendo i servizi di salute mentale comunitaria, con centri di salute mentale in grado di assicurare la presa in cura nelle 24 ore e 7 giorni su 7. Con le piante organiche al completo e le diverse figure professionali necessarie, nel rispetto di quanto indicato dal Progetto Obiettivo Salute Mentale, con risorse finanziarie adeguate a rispondere ai molteplici bisogni che una persona che vive la sofferenza mentale esprime.

Percorrere la strada dell’integrazione socio-sanitaria e della co-progettazione.

Garantire investimenti per sostenere l’impresa sociale e favorire l’inclusione sociale delle persone in carico ai servizi di salute mentale, anche e soprattutto attraverso il lavoro, la formazione, la casa, la socialità, le relazioni affettive.

Si possono programmare gli interventi se c’è certezza di risorse, quelle che agli operatori della salute mentale mancano!

Quando gli operatori non vanno a casa delle persone e non sostengono le famiglie non è perché le persone non sono “collaboranti” o perché gli operatori sono degli incapaci ma perché non sono in numero sufficiente a garantire tutte le prestazioni, perché alcune volte non hanno neppure le auto di servizio o l’assicurazione.

Di tutto ciò le proposte di legge in discussione non parlano!

Così come non si parla del definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, questione la cui soluzione non può ulteriormente procrastinarsi, per le gravissime condizioni in cui versano le persone internate perché si continua ad internare persone fragili che avrebbero invece diritto e bisogno di ben altri interventi!

Le questioni sono urgenti, complesse, ma affrontabili.

Noi chiediamo che la Commissione si impegni affinchè le Regioni vengano sollecitate al pieno rispetto della Legge di Riforma Sanitaria anche nella parte che riguarda la salute mentale.

Per quanto riguarda l’aspetto relativo ai trattamenti sanitari obbligatori, siamo totalmente contrari a qualunque modifica che intervenga sulle libertà costituzionali e chiediamo invece che la Commissione solleciti le Regioni al rispetto delle linee guida elaborate dal gruppo tecnico interregionale e approvate dalla Conferenza delle Regioni nel 2008. Non si può pensare di ottenere dei risultati positivi obbligando con la forza le persone a trattamenti sanitari antiterapeutici e prolungati nel tempo; rinnovabili anche dopo sei mesi! O attraverso “un contratto terapeutico” che non si può rimettere in discussione, utilizzando inoltre l’istituto dell’Amministrazione di sostegno in maniera difforme rispetto alla Legge.

Ribadiamo in conclusione che siamo per la difesa del servizio pubblico, per il superamento di tutti i luoghi e le pratiche che violano i diritti fondamentali della persona umana, non siamo favorevoli all’utilizzo di risorse pubbliche per finanziare indirettamente le cliniche private chiamate ad occuparsi delle persone “non collaboranti”. Siamo contrari all’istituzione di “equipe mobili” perché riteniamo che i centri di salute mentale sulle 24 ore, dotati in maniera sufficiente delle diverse figure professionali, siano in grado di affrontare qualunque situazione. Come si può parlare di “umanizzazione e personalizzazione” in strutture di non meno di 15 posti e addirittura nelle cliniche psichiatriche? Noi sappiamo bene cosa sono la stragrande maggioranza delle cliniche private: contenitori di sofferenza in cui parcheggiare le persone. Chi vive la sofferenza mentale non è di un letto ospedaliero che ha bisogno, di norma, ma di interventi terapeutici-riabilitativi orientati verso l’emancipazione sociale che devono essere garantiti da servizi territoriali di salute mentale, nella comunità di appartenenza. Siamo assolutamente contrari all’istituzione presso il Tribunale per i diritti del malato di commissioni aventi funzioni ispettive e di controllo. Questa funzione spetta al Dipartimento di Salute Mentale che attraverso la costituzione delle consulte dipartimentali può coinvolgere le organizzazioni degli utenti e dei familiari nella programmazione e nella verifica degli interventi. Addirittura si pensa ad un fondo da istituirsi presso il Ministero competente per “far fronte alle spese legali per i reati commessi e per il risarcimento dei danni provocati dai malati”. Confermando quindi la presunta pericolosità sociale delle persone con disturbo mentale. Così come è incomprensibile l’affermazione secondo cui “chi non è mai stato condannato a un ricovero presso un ospedale psichiatrico giudiziario o è stato riconosciuto completamente guarito” non può essere oggetto di accertamento o di trattamento sanitario obbligatorio. Le proposte di legge in questione sono piene di contraddizioni, di indicazioni e proposte inaccettabili, rilevando una non conoscenza della realtà delle cose e dei progressi straordinari compiuti nel nostro Paese e universalmente riconosciuti.

Se si vuole rispondere ai nostri bisogni occorre bocciare queste proposte di legge e far si che le Regioni svolgano appieno il loro ruolo istituzionale di tutela della salute.

Abbiamo chiesto al Ministero della Sanità di ripristinare la Commissione Nazionale Salute Mentale, organismo di partecipazione e programmazione i cui lavori sono stati interrotti subito dopo l’approvazione delle Linee Guida Nazionali, alla cui definizione abbiamo tutti partecipato con passione e condivisione.

Chiediamo che la Commissione Affari Sociali svolga una indagine conoscitiva su tutto il territorio nazionale, andando nei luoghi e verificando personalmente di quale ordine sono le questioni.

Grazie.

 

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